Avv. Carla Melani

(assistenza legale di A.IM.A.)

  

Individuazione delle clausole vessatorie nel regolamento e nei contratti conclusi dal condominio

 

La prima domanda che ci dobbiamo porre è se il condominio possiamo considerarlo alla stregua di un consumatore, se così fosse, si potrà applicare il codice del consumo.

La seconda domanda è che cosa si intende dire quando si fa riferimento alla nozione di clausola vessatoria?

Le clausole vessatorie, secondo il dlgs n. 206/2005, sono quelle che nonostante la buona fede della parte, creano uno squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto a svantaggio del consumatore (art. 33,I comma, cod. del consumo).

Mentre, l’art. 34, I e V comma, Codice del consumo ci aiuta nell’individuazione delle clausole vessatorie:

“La vessatorietà di una clausola e’ valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende.

Nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l’onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore”.

Non si tratta di una valutazione semplicissima e comunque la stessa è rimessa al giudice adito per valutarne la ricorrenza.

In aiuto ci viene, per una maggiore comprensione, il secondo comma dell’art. 33 del codice del consumo il quale fornisce un’elencazione esemplificativa di clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria da parte del professionista, dimostrare che la clausola proposta è stata accetttata da entrambe le parti; la norma pone una presunzione iuris tantum di vessatorietà; ciò non vuol dire che altre clausole non possano essere considerate vessatorie, ma semplicemente che spetta al consumatore fornire tale prova.

In conclusione, se ci sono clausole che si presumono vessatorie: il consumatore in primis allega il contratto e in secundis evidenzia la vessatorietà della clausola; successivamente, al professionista incomberà l’onere di provare che la clausola suddetta è stata oggetto di specifica contrattazione.

Di seguito una elencazione pratica dove la norma, ex art. 33,II comma, codice del consumo, fa presumere la vessatorietà delle clausole:

  1. Escludono o limitano la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista
  2. Escludono o limitano l’opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo
  3. Prevedono un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista e’ subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà
  4. Riconoscono al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto
  5. Prevedono l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto
  6. Stabiliscono come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore.

Comunque, può accadere di incappare in clausole che non rientrano in questo elenco dettagliato, allora il consumatore avrà l’incombenza di dimostrare la vessatorietà, restando in capo al professionista, per il caso di contratto uniformi stampati su moduli o formulari, l’onere di dimostrare che quelle clausole sono state oggetto di specifica contrattazione.

Dopo aver riscontrato la clausola vessatoria, quest’ultima è da considerare nulla e il resto del contratto continuerà a produrre i suoi effetti giuridici. La norma, ci evidenzia, che la nullità opera esclusivamente a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice. Un esempio tra tanti è quello della clausola che impone la competenza del foro del professionista.

Nella grande sfera condominiale, possiamo riscontrare la presenza di clausole vessatorie sia nel regolamento di condominio contrattuale che nei contratti di fornitura di beni e servizi sottoscritti dall’amministratore.

Nel primo caso, si avrà la sottoscrizione di una atto di compravendita di un bene immobile con allegato il regolamento, redatto dallo stesso costruttore, nel quale si trovano per esempio clausole di esonero dalle spese e da responsabilità.

Nel secondo caso, si avranno dei contratti di fornitura (luce, gas, acqua, pulizia scale, ascensore ecc..) sottoscritti e le norme del codice del consumo avranno applicazione tutte le volte che il condominio viene considerato consumatore cioè quando il condominio è partecipato esclusivamente da consumatori. Tutto ciò viene avallato solo quanto scritto da dottrina e giurisprudenza ma la normativa non da certezza in merito al ruolo del condominio come consumatore. (Cass. Civ. 24.07.01; Vedi anche: Trib. Genova 13.12.06; Trib. Bologna 03.10.00).

Nella realtà condominiale possiamo riscontrare i seguenti rapporti di consumo:

  1. a) rapporto amministratore – condominio;
  2. b) rapporto condominio – ditta appaltatrice (o comunque ditta titolare d’un rapporto di prestazione d’opera);
  3. c) rapporto condominio – fornitori di utenze (luce, gas, acqua);
  4. d) rapporto condominio – manutentori impianti (ascensore, autoclave,

Per quanto riguarda il contratto di manutenzione dell’ascensore condominiale, l’Antitrust (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato o AGCM) ha riconosciuto vessatorie le clausole che prevedono l’esercizio del diritto di recesso troppo lungo ed è stato ribadito nei provvedimenti contenuti nel bollettino n. 43  Fine modulo

 pubblicato sul sito dell’Autorità il 4 novembre 2013 ed hanno riguardato le seguenti imprese: Capozza, Monti servizi ascensori, Schindler, M.I.A., Kone, Ceam, Thyssenkrupp, Otis servizi.

La normativa di riferimento per la manutenzione degli impianti di ascensore è rappresentata dal d.p.r. n. 162/99; si tratta del decreto che ha recepito le direttive comunitarie volte ad armonizzare il mercato europeo in materia di produzione, messa in esercizio e funzionamento degli impianti montacarichi e di ascensore.

L’obbligo dell’amministratore di condominio, in qualità di mandatario con rappresentanza, è di far eseguire la manutenzione, con decadenza almeno semestrale, da parte di imprese abilitate a svolgere tale attività, ex art. 15 d.p.r.162/99.

Pertanto, per poter adempiere agli obblighi di legge, l’amministratore di condominio, rappresentante della volontà assembleare, dovrà sottoscrivere un contratto (annuale o pluriennale) con la ditta abilitata.

Riportata la grande premessa che per eseguire quanto suddetto, il condominio deve essere visto come un consumatore e ciò viene affermato dalla dottrina:  (cfr.Savasta, Il condominio inteso come consumatore nuovi scenari di tutela e difficoltà applicative, in Il Merito IL SOLE 24h n 6 del giugno 2005) e dalla giurisprudenza (vedi Cass. 24 luglio 2001 n. 10086). L’Antitrust, nei provvedimenti in esame, l’ha fatta propria.

Orbene, se in un contratto per la manutenzione ascensori, si legge una clausola nella quale si prevede un forte anticipo rispetto alla fine del contratto per poter svolgere il diritto di recesso è da considerarsi vessatoria, perché sono a danno del consumatore (condominio) e a favore del professionista (ditta ascensori), ex art. 33,I comma, d.lgs n. 206/05).

 L’Antitrust ha richiamato un modello contrattuale della Camera di commercio di Roma “la quale ha elaborato e pubblicato sul proprio sito istituzionale un contratto-tipo per l’erogazione di servizi di manutenzione degli ascensori (“Contratto di manutenzione ordinaria impianto ascensore di proprietà condominiale”) in cui, in relazione alla clausola sul rinnovo tacito, è stato indicato il termine di trenta giorni come congruo per la disdetta, assumendo che termini superiori possano essere in contrasto con l’art. 33, comma 2, lettera i), del Codice del Consumo (così tra i vari Provv. n. 24544).

Purtroppo, il consumatore, oggi, si deve difendere anche da contratti mai perfezionati, mai richiesti e mai sottoscritti ma che producono i loro effetti. Una recente sentenza del Giudice di Pace di Pisa, sez. civ. n. 624/2016, si pronuncia su una causa intrapresa da un consumatore, il quale non aveva stipulato nessun contratto con determinate compagnie di fornitura, le quali inviavano senza nessuno scrupolo le bollette. Il Giudice, disponeva l’annullamento delle bollette stesse, riconoscendo all’utente anche il risarcimento del danno non patrimoniale.

Le ditte, oggi sul mercato stanno rimodulando i contratti e chi non dovesse seguire gli impegni presi si dovrà segnalare all’Antitrust.

La riforma. Il D.lgs.21/2014, di recepimento della Direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, ha recentemente “rinnovato” il titolo III del Codice del Consumo dagli artt. 45 al 67.

Le nuove disposizioni – cogenti dal 13 giugno 2013 – si applicano, a qualsiasi contratto concluso tra un professionista o un’impresa e un condominio (o altro consumatore), inclusi i contratti per la fornitura di acqua, gas, elettricità’ o teleriscaldamento.

La prima e principale novità della riforma riguarda l’obbligo informativo chiaro e comprensibile in capo al proponente, ex art. 49, con supporto cartaceo o mediante registrazione digitale con i seguenti punti:

  1. caratteristiche dei beni e dei servizi che si intenderebbe rendere;
  2. identità del professionista e relativi recapiti;
  3. prezzo e/o costo comprensivo di imposte o criteri per addivenirlo;
  4. modalità di pagamento;
  5. Modalità di consegna del bene o d’esecuzione del servizio;
  6. durata del contratto e disciplina per la risoluzione del medesimo, ovvero per l’esercizio del diritto di recesso;
  7. garanzia legale e/o convenzionale prestata al bene o al servizio che si intende erogare.

L’Amministratore, preso atto dell’informativa, avrà l’onere di rendere edotta l’assemblea per dare modo all’assemblea di esprimersi con proposte di modifica o accettazione. Svolta la fase di negoziazione, il condominio è pronto a sottoscrivere il contratto.

Al consumatore verrà riconosciuto, con la riforma, un periodo di recesso di quattordici giorni solari per esercitare il diritto di recesso, senza l’obbligo di motivarlo e senza costi diversi (da quelli previsti all’art. 56, II comma, e all’art. 57).

La circostanza dovrà essere esplicitata all’interno del preventivo economico ed informativo e nel contratto poi stipulato.

Diversamente, il periodo di recesso terminerà dodici mesi dopo la fine del periodo di recesso iniziale, come determinato a norma dell’articolo 52, comma 2. Per quanto riguarda le modalità d’esercizio del diritto di recesso; queste devono manifestarsi nel seguente modo:

  • nel caso dei contratti di servizi, dal giorno della conclusione del contratto;
  • nel caso di contratti per la fornitura di acqua, gas o elettricità’, quando non sono messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata, di teleriscaldamento o di contenuto digitale non fornito su un supporto materiale, dal giorno della conclusione del contratto.

Esercitato legittimamente il diritto di recesso, il professionista/impresario è tenuto a rimborsare tutti i pagamenti ricevuti dal consumatore, eventualmente comprensivi delle spese di consegna, senza indebito ritardo e comunque entro quattordici giorni dal giorno in cui e’ informato della decisione del consumatore di recedere dal contratto ai sensi dell’articolo 54.

Nel qual caso e a meno che il professionista abbia offerto di ritirare egli stesso i beni, il consumatore è a sua volta tenuto a restituire i beni consegnandoli al professionista o a un terzo autorizzato dal professionista a riceverli, senza indebito ritardo e in ogni caso entro quattordici giorni dalla data in cui ha comunicato al professionista la sua decisione di recedere dal contratto ai sensi dell’articolo 54.

Conclusione. La normativa in commento incide sui nuovi rapporti negoziali intessuti dal condominio o da singoli privati (intesi come consumatori) con i propri fornitori. Tali relazioni commerciali e/o professionali, d’ora in avanti, dovranno essere necessariamente improntate secondo i canoni della trasparenza, con l’ausilio della forma scritta, già sin dalla fase precontrattuale (vedi, presentazione del preventivo contenente l’informativa obbligatoria), a pena di diritto di recesso.

Corre l’obbligo di fare un distinguo tra le clausole vessatorie, già argomentate e la clausole di stile che si trovano, di solito all’interno di un contratto di compravendita, uno per tutti è la sentenza della Corte di Cassazione n. 8492 del 2016.

La cassazione rigettava la richiesta della ricorrente, proprietaria dell’unità abitativa al secondo piano, che voleva il riconoscimento del lastrico solare come dettato dall’art. 1117 c.c e l’eliminazione delle opere che ne impedivano l’uso, con la seguente clausola di stile: “(…) a corpo, con tutti i diritti e le servitù inerenti, le pertinenze, accessori, accessioni, impianti, usi, azioni e ragioni, nello stato di fatto e di diritto in cui esso si trovava e così come dalla parte venditrice si possiede e si ha diritto“. La clausola sopra riportata è stata interpretata nel senso di escludere la natura comune del bene; decisiva, tra gli altri elementi considerati, anche la pratica edilizia avviata presso il Comune, che attesta l’autonomia del lastrico solare rispetto al resto dell’edificio.

Pertanto, il costruttore, oltre a trasformare la destinazione dei locali posti all’ultimo piano in abitazione, gli cedeva anche tutto il lastrico solare, chiudendo il tutto con dei cancelli sulle scale.

Per la ricorrente si ravvede una mera clausola di stile, senza significato giuridico (Cass, civ. n. 3398/84), mentre la Cassazione risponde nel confermare che il lastrico solare non è sempre automaticamente un bene comune, perché può essere superato con la prova contraria attraverso il titolo o per una caratteristica strutturale e funzionale del bene.

Legittimamente, dunque, il venditore-costruttore ha modificato la destinazione degli immobili dell’ultimo piano, così come legittimo è il cancello fatto installare per impedire l’accesso alla scale che portano all’annesso

È interessante segnalare come tra gli elementi determinati per l’accertamento della proprietà esclusiva del lastrico solare figurano anche le pratiche edilizie che il venditore-costruttore aveva svolto in Comune per rendere autonomo il bene dal resto dell’edificio.

Pertanto, la grande novità è che i due mondi del diritto e dell’urbanistica che prima viaggiavano paralleli, oggi possono essere valutati titoli idonei per superare la presunzione di condominialità del lastrico solare. Anche la pratica edilizia, dunque, ben può essere valutata come titolo idoneo a superare la presunzione di condominialità del lastrico solare e, più in generale, delle parti indicate nell’art. 1117 c.c.