La tecnologia ci invade, solo con nuove regole ci potremo proteggere – Intervista a Ginevra Cerrina Feroni, Vice Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali

Professoressa Cerrina Feroni,è stata eletta Vice Presidente del Garante per la protezione dei dati personali. La Sua carriera è ricca di esperienze diverse, ma qual è la particolarita di questa nuova sfida ?

Operare su di una materia trasversale e fluida, che tocca ogni dimensione della vita dell’uomo contemporaneo: personale, sociale, economica, professionale, politica. I dati sono la risorsa massivamente scambiata, più o meno consapevolmente, in ogni relazione; un linguaggio comunemente praticato ricco di simboli e di metafore. Una medaglia a due facce: ci sono le straordinarie opportunità, che vanno coltivate ed incentivate, e ci sono i rischi, che vanno intercettati e arginati.

Che cos’è la privacy oggi?

Rispetto all’accezione tradizionale della privacy “come diritto ad essere lasciati soli” della dottrina statunitense di fine ‘800, sembra passata un’era geologica. Basti solo considerare il fatto che sono gli individui stessi a desiderare di esporsi “in vetrina”, mettendo a nudo la propria vita, anche nei profili più intimi. La tecnologia permette tutto ciò e sollecita letture sempre più invasive, un po’ come in quel film “Le vite degli altri”, dove in pieno regime comunista, in una DDR degli anni ’80, una spia della Stasi entrava nella vita di una coppia registrando e controllando ogni attimo della loro esistenza. Occorre oggi approcciarsi al tema in maniera realistica, non ideologica, ma che tenga conto della dimensione dinamica della società, dei flussi di dati in cui siamo costantemente immersi e anche del valore economico di essi.

Quale deve essere il ruolo del Garante?

Innanzitutto c’è bisogno di visione che serve a comprendere e bilanciare interessi contrapposti, spesso parimenti legittimi. Certo, il giurista perderebbe in partenza se provasse a rincorrere o contrastare lo sviluppo tecnologico e la creatività dell’informatica e riducesse il suo ruolo a mero irrogatore di sanzioni. Il Garante deve essere un protagonista nella definizione delle “regole del gioco” da improntarsi ad un’etica della responsabilità di tutti i protagonisti. Sotto quest’ultimo aspetto, è essenziale diffondere in modo capillare una cultura della privacy, intesa come consapevolezza dell’immenso patrimonio che abbiamo a disposizione, cioè i nostri dati.

Quali sono i temi più urgenti da affrontare in materia di protezione dei dati?

Ci sono sfide gigantesche che si aprono e rispetto alle quali il ruolo dell’Autorità sarà sempre più cruciale. La virtualità ci consente di accedere a spazi immateriali che non rispondono ai parametri ed alle regole della realtà fisica, bisogna invece imparare a muoversi ed a comprendere che non siamo soli. Macchine intelligenti già sono, e sempre più saranno, una compagnia costante in grado di comprenderci e di elaborare ragionamenti molto più velocemente di noi, producendo nuovi, copiosissimi, dati che saranno ulteriormente analizzati e processati da altre macchine. L’intelligenza artificiale, nelle sue molteplici applicazioni, è la più importante frontiera che si apre. L’orizzonte dei temi di competenza del Garante è sconfinato: dai meccanismi di riconoscimento facciale alla sovranità digitale, dalla sicurezza dei sistemi al dark web e ai profili di tutela dei minori, dal tradizionale diritto all’oblio alla democrazia digitale.

Cosa ci ha insegnato questa pandemia in punto di potenzialità e rischi connessi ai trattamenti di dati?

Sicuramente il Covid ha anticipato e reso concrete molte situazioni che fino ad ora erano state rinviate nella consapevolezza che prima o poi sarebbero diventate realtà. In questo modo siamo stati indotti ad una sorta di prova generale, che ci ha mostrato la capacità del digitale di annullare distanze ed ostacoli fisici, ma anche, nello stesso tempo, tutte le nostre umane fragilità impietosamente rifratte e trasmesse su uno schermo. Perché se è vero che il primo effetto delle tecnologie digitali è quello di comprimere fino ad annullare il concetto di spazio, quello collaterale, forse meno immediato, è anche la ridefinizione del tempo, in una vita che online è vissuta, letteralmente, in modo alienato.

Cosa porterà dellasua vita accademica al Garante nei prossimi sette anni?

Non si perde mai il proprio “codice genetico”. Per me è sempre stata solo la Costituzione. Vorrei ripensare al sistema delle libertà costituzionali in un modo nuovo, perché la privacy, intesa come dato personale, è davvero il crocevia dove tutto andrà a sintesi. I dati personali raccontano la nostra vita, quella pubblica, ma anche e soprattutto quella privata, raccontano desideri, bisogni, segreti, II Garante si deve impegnare nella salvaguardia della dimensione immateriale delle identità dei cittadini, con spirito critico e con quel senso del limite di cui ha scritto il filosofo Remo Bodei. Da costituzionalista vorrei provare a pensare al Garante come un interlocutore autorevole e aperto alla società e sempre più determinante nella grande e complessa ingegneria costituzionale dello Stato contemporaneo.