Soro, la sfida privacy in era coronavirus
Garante, sì misure straordinarie, ma proporzionate e temporanee
Intervista ad Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(di Angela Majoli, Ansa, 17 marzo 2020)
Sì alle misure eccezionali per far fronte all’emergenza coronavirus, purché siano proporzionate e limitate nel tempo. E’ il monito che affida all’ANSA il Garante per la Privacy, Antonello Soro, che si sta confrontando in queste settimane con il governo e la Protezione civile.
Gli italiani si stanno misurando con la crisi coronavirus e con le misure sempre più stringenti adottate dal governo per far fronte all’emergenza. Ha un senso parlare di tutela della privacy in un momento in cui è predominante l’interesse generale a combattere la pandemia?
“Non solo ha senso, ma è essenziale per consentire di orientare l’azione di prevenzione nel modo più equilibrato e compatibile con i principi democratici. La sfida posta da questa emergenza di tipo sanitario è coniugare efficacia dell’azione di prevenzione e contrasto del contagio, con le garanzie essenziali di tutela dei diritti fondamentali, quali appunto la privacy, che sono soggetti a bilanciamento con altri beni giuridici quali, in primo luogo, la salute pubblica”.
Tutti viviamo quotidianamente eccezionali limitazioni alle nostre libertà. Fino a che punto si possono spingere? Quali limiti si possono individuare alle scelte emergenziali?
“I diritti possono, in contesti emergenziali, subire limitazioni anche incisive, ma queste devono essere proporzionali alle esigenze specifiche e temporalmente limitate. La forza della democrazia è anche nella sua resilienza: nella sua capacità cioè di modulare le deroghe alle regole ordinarie, in ragione delle necessità, inscrivendole in un quadro di garanzie certe e senza cedere a improvvisazioni. Il limite dell’emergenza è insomma nel suo non essere autonoma fonte del diritto ma una circostanza che il diritto deve normare, pur con eccezioni e regole duttili, per distinguersi tanto dalla forza, quanto dall’arbitrio”.
Il Garante ha avuto interlocuzioni con il governo su queste tematiche?
“Già il 2 febbraio – ovvero due giorni dopo la dichiarazione dello stato di emergenza da covid19 – abbiamo espresso un parere favorevole, sulle misure previste dal Governo, ampiamente derogatorie – come inevitabile – delle regole generali. Successivamente abbiamo mantenuto un’interlocuzione costante con la Protezione civile, nello spirito della più larga e doverosa collaborazione”.
Quali sono i settori o le attività che vede più a rischio?
“Sicuramente esistono attività e settori maggiormente esposti, per loro stessa natura, al rischio di contagio e allo stesso tempo, maggiormente interessati dal contatto interpersonale: penso al comparto sanitario, che peraltro è quello cui va tutta la nostra gratitudine, come Paese, per lo sforzo encomiabile profuso in queste settimane. In tale settore soprattutto, è inevitabile che i controlli siano più frequenti e incisivi: per la tutela anche, in fondo, degli stessi operatori”.
Si parla dell’ipotesi di tracciare i cellulari per controllare gli spostamenti dei cittadini all’interno del territorio nazionale. E’ una misura che secondo lei supera i limiti della tutela delle libertà personali o si può in qualche modo gestire in questo momento di emergenza?
“Finora ho letto numerosi generici riferimenti all’esperienza coreana e – più timidamente – cinese. Bisognerebbe conoscere proposte più definite. Mi limito a osservare che quelle esperienze sono maturate in ordinamenti con scarsa attenzione-sebbene in grado diverso- per le libertà individuali. E in ogni caso mi sfugge l’utilità di una sorveglianza generalizzata alla quale non dovesse conseguire sia una gestione efficiente e trasparente di una mole così estesa di dati, sia un conseguente test diagnostico altrettanto generalizzato e sincronizzato. Premesso questo, non esistono preclusioni assolute nei confronti di determinate misure in quanto tali. Vanno studiate però molto attentamente le modalità più opportune e proporzionate alle esigenze di prevenzione, senza cedere alla tentazione della scorciatoia tecnologia solo perché apparentemente più comoda, ma valutando attentamente benefici attesi e “costi”, anche in termini di sacrifici imposti alle nostre libertà”.
L’uso sempre più diffuso dell’e-learning per far fronte alla chiusura delle scuole va regolamentato?
“Mi pare una scelta ragionevole, che naturalmente deve però accompagnarsi alle cautele necessarie che le piattaforme su cui svolge l’attività didattica, in primo luogo, devono osservare, dal momento che con l’e-learning divengono l’archivio in cui sono immagazzinati dati personali, spesso anche assai delicati, di studenti per la maggior parte minorenni. Di tutte le preoccupazioni di questo periodo, comunque, questa non è la maggiore, anche considerando gli sforzi profusi dal personale scolastico per far fronte all’emergenza senza interrompere l’attività formativa”.
Lei ha sempre affermato che privacy è sinonimo di libertà. Pensa che il nostro ordinamento, abbia gli anticorpi per superare la lotta al coronavirus?
“Gli anticorpi sono nella nostra democrazia che, in particolare, non ammette un regime extra ordinem per lo stato di eccezione, ma norma con adeguate garanzie l’emergenza, ammettendo tutte le deroghe del caso. Pur sempre, però, nella logica del diritto e non dell’arbitrio o del “governo dell’emozione”. Persino nella circostanza estrema dello stato di guerra, la delega al governo concerne i soli poteri necessari: espressione, questa, della superiorità del diritto e della democrazia, comunque in grado di affrontare l’emergenza senza rinnegare la propria identità”.